lunedì 14 ottobre 2013

Se(b)adas...MedDietCamp...because we are what we eat


Condivisione, consapevolezza, rispetto di sé e degli altri. Questo ho imparato al MedDietCamp*.



Impiego sempre tanto tempo a elaborare esperienze forti e costruttive. Non mi ci ritrovo da subito, devo metabolizzare, capire quello che è entrato nel mio cuore come semplice stimolo, farlo sedimentare, crescere, trasformarlo da semplice intuizione a consapevolezza. Le giornate di Cagliari al MedDietCamp sono state dense di eventi, stimoli, emozioni. Giornate dedicate alla dieta Mediterranea, all'alimentazione consapevole, al cibo come strumento sociale, di coesione. Cucinare, un gesto che reca con sé significati che vanno al di là della semplice trasformazione di un alimento da crudo a cotto. E poi, condivisione, umiltà, scambio. Perché quando abbassiamo le nostre difese e allarghiamo le frontiere, comprendiamo che senza il pomodoro, nato in America Latina, che ne sarebbe stato della nostra 'pummarola'? Gli gnocchi sarebbero esistiti forse senza le patate americane? E la pasta e fagioli? E i ravioli di zucca? Scambio, arricchimento reciproco. Questo ho appreso ascoltando l'intervento dell'antropologa Alessandra Guigoni.

A sinistra, la pasta ornata di Norma Argiolas
E a riprova di quanto appreso, è stato bello vedere quattro Chef internazionali, uno sardo, l'altro tunisino, il terzo libanese e il quarto egiziano, collaborare insieme, aiutarsi l'un l'altro, parlarci della 'loro' cucina, che poi scopri essere anche 'nostra' e gestire laboratori cui abbiamo avuto la fortuna di partecipare.


E' stato bello sentir parlare di cuore, da tutti e quattro gli Chef. E' stato bello conoscere il mofrak, uno strumento che ha visto sulla mia pagina Facebook un simpatico scambio di battute con Allan Bay, che si chiedeva quale fosse l'utilità di tale strumento, utilizzato in sostituzione del frullatore a immersione. Mi conoscete, sono curiosa come una bertuccia. E così ho chiesto allo Chef egiziano El Refaye perché continuasse a utilizzarlo avendo a disposizione utensili moderni.


Per il sapore diverso che il legno conferisce alla preparazione, è stata la sua risposta, per la texture che nessun frullatore a immersione potrebbe garantire in preparazioni quali il babaganoush, o in quelle a base di okra, per la gioia di cucinare come faceva sua madre, perché un suo aiuto indiano lo conosceva grazie alla nonna, perché anche noi continuiamo a utilizzare il mortaio per il pesto. E nella discussione, a dargli manforte, è intervenuto lo Chef tunisino Turki, sostenendo che nelle sue lezioni fa usare soltanto il coltello agli allievi, nessun utensile elettrico, finché non avranno imparato alla perfezione a farne senza.
Tutti i piatti degli Chef coinvolti parlano di cuore e al MedDietCamp il cuore ha parlato nelle lingue e nei dialetti del bacino del Mediterraneo.
In sardo, con lo Chef autoctono Luigi Pomata, che ci ha mostrato l'utilizzo di una farina di lenticchie ricavata da questi legumi tostati lentamente in forno e poi frullati, per ottenerne straccetti da condire con pesce bianco, cozze e salicornia. Idea, quella dei legumi tostati e frullati, sulla quale mi divertirò presto a lavorare.
 

In tunisino, con lo Chef Jaoudet Turki e le sue insalate tagliate al coltello con vera maestria, preparate in tre modi diversi e servite accanto alle Dita di Fatma, fagottini di pasta brik ripieni di prezzemolo, capperi, olio, cipolla, tritati finemente, e serviti con tonno sottolio ad accompagnare.


In libanese, con lo Chef Georges Kik, cui dobbiamo l'onore di averci fatto assaggiare l'hummus più buono della nostra vita, e il Kebbeh, uno sformato di carne da leccarsi i baffi, oltre ad un'insalata di cavolo bianco che mi ha ricordato quelle mangiate in Alto Adige. Altre erbe aromatiche, profumi diversi, ma base simile, a riprova di quanto emerso in quei giorni. Nulla ci appartiene in modo esclusivo, niente è solo nostro.


In egiziano, con lo Chef Moustafa El Refaye, cui devo il merito di avermi fatto provare una zuppa di lenticchie rosse che resterà nel mio 'corredo di ricordi palatali' fino alla fine dei miei giorni. E sempre lui devo ringraziare per averci fatto scoprire il freak, grano affumicato che risale all'epoca dei faraoni, con cui ha preparato una pietanza da sogno, a base di gamberi, oltre ad averci offerto un carcadè profumatissimo, proprio come era solita fare mia nonna nei caldi pomeriggi estivi della mia infanzia. Tutto torna.


I sensi hanno parlato in questo food camp. Non solo il gusto, l'olfatto, l'udito, il tatto. La vista si è acuita attraverso le lenti delle nostre macchine fotografiche, grazie alle spiegazioni del food photographer Alessandro Guerani sulla magia della luce, sull'utilizzo del diaframma, sui tempi, sulle ombre, sull'importanza di un buon cavalletto, altra spesa che, ahimè, dovrò presto mettere in conto.


E' stato interessante ascoltare le riflessioni di Carlo Cambi, giornalista, critico gastronomico e autore televisivo, sul ruolo 'emozionale' e seduttivo del cibo, sul carattere aggregante della cucina. Non mi ero soffermata a dovere su questo aspetto.


E condivisione è stato anche incontrare loro, le mie amiche, 50 colleghe food blogger, ancora una volta insieme, ancora una volta unite in una passione comune.

Foto gentilmente concessa da Vatinee Suvimol
Il cibo, la cucina, il loro ruolo sociale ci hanno spinte lì, a trascorrere insieme tre giorni intensi. Sorrisi, scambi, parole, confronti costruttivi. Tante donne, tante storie, una passione che ci lega, grazie alla quale possiamo renderci preziose ambasciatrici dei valori discussi in quei giorni. E quanto ci siamo sentite lontane dallo stereotipo così diffuso ora e direi, abusato, solo per amor di polemica, da chi ama definirci le 'prezzolate' del mondo enogastronomico, quelle onnipresenti, quelle che per un invito 'rigorosamente a gratise', come diciamo noi a Roma, che per 'esserci' a ogni costo, venderebbero l'anima al diavolo. 'Marchettare', ecco, chiamiamo le cose con il loro nome, perché è così che ci definiscono sbrigativamente alcune persone in vena di polemica. Ormai è la moda del momento, sparare a zero su chi svolge questo ruolo con serietà e passione, senza ricavarci un bel niente in termini economici, se non apprendimento, gioia, voglia di crescere. Cose che, a mio avviso, non hanno valore. Non siamo tutte uguali e le generalizzazioni alla fine ledono non solo chi le subisce, ma anche chi le adotta, perché vedete, a forza di sentirci definire in modo così scortese e poco aderente alla realtà, perlomeno nei riguardi di una buona parte di noi, finiremo per crescere ancora, per acquisire un ruolo più definito, per fare chiarezza.


Di questo abbiamo parlato nell'incontro conclusivo, complice ancora Carlo Cambi che ci ha fatto riflettere e ha riflettuto insieme a noi sul nostro ruolo e su come spesso siamo noi per prime a non volerci conferire un valore diverso, in poche parole, a non credere di poter sollevare una voce fuori dal coro, distinta dalle altre, ma non per questo meno valida.


Vi lascio con un invito che rivolgo soprattutto a me stessa e che credo vogliate condividere. Mangiamo sano cari amici, seguendo le indicazioni della piramide alimentare, facciamo un po' di movimento (e qui sono terribilmente inadempiente), beviamo tanto acqua, utilizziamo olio evo, anche per friggere (altra cosa che da poco ho iniziato a fare, abbandonando l'olio di semi di arachide), controlliamo cosa finisce nelle mense scolastiche dei nostri figli, di cosa si nutrono quando sono lontani da noi. Leggiamo i bandi delle mense, informiamoci sulla provenienza dei cibi che finiscono sui nostri piatti.


Un momento....stavo per dimenticarmi di lei, come avrei potuto? Cagliari, la meravigliosa città che ha cullato i nostri sensi in quei giorni, facendoci sentire a casa. Come non potrei celebrare la sua bellezza, che conoscevo già e apprezzavo da tempo, le sue strade in salita, la splendida vista sul mare, la sua luce. Bello vedere negli occhi delle amiche sarde presenti, l'orgoglio di appartenere a questa terra. La ricetta di oggi è dedicata a lei, Cagliari, e a tutti coloro che hanno condiviso con me questa magnifica esperienza.


Vi lascio non senza aver ringraziato ancora una volta, l'Associazione Nazionale Città dell'Olio, ospite sempre impeccabile, il suo cortesissimo staff, il Presidente Enrico Lupi, grazie ancora una volta alla mia amica Patty Pat Andante con Gusto per avermi coinvolta, grazie agli Chef presenti, ai relatori e alle mie compagne di viaggio.
E ora la ricetta che avevo in mente di pubblicare da tempo. Ho trovato finalmente l'occasione giusta. Che seadas siano allora! A Cagliari non sono riuscita ad assaggiarle. Con alcune amiche le abbiamo cercate, volute, inseguite. Ma non siamo riuscite a mangiarle. Così lascio in dono alle mie compagne di viaggio la ricetta appresa da una signora di Sant'Anna Arresi, che me l'ha regalata. Si tratta della versione con il formaggio cotto. In quell'occasione il formaggio per le seadas l'abbiamo preparato insieme qualche giorno prima. La signora ha utilizzato il latte di capra, riuscendolo a trovare non senza poche difficoltà in quell'agosto torrido.

SE(B)ADAS
Ingredienti per circa 14 seadas del diametro di 10 cm

Per il ripieno
1,5 kg di formaggio fresco di pecora a pasta filante (ho utilizzato un primo sale, non trovando altro qui a Roma. Potete utilizzare anche formaggio vaccino o formaggio di capra, come ha fatto in quell'occasione la signora sarda che mi ha dato questa ricetta)
50 g di semola
1/2 l di acqua bollente
scorza di 1 limone non trattato
1 generosa presa di sale

Per la pasta
500 g di farina 0
430 g circa di acqua tiepida
25 g di strutto

Miele per guarnire (ho utilizzato miele di castagno)
Olio evo per friggere

Avvolgete il formaggio in un panno e fatelo riposare un paio di giorni fuori dal frigo (se utilizzate formaggio vaccino questo passaggio è fondamentale per farlo inacidire). Cambiate spesso il panno che si inumidirà con il siero. Vi avviso, se in famiglia non avete amanti del formaggio, tenete la forma il più possibile lontana da loro, altrimenti sarà tutto un susseguirsi di: "Ma cosa c'è in quel panno?!?!?". Voi ignorateli, perché quando le seadas saranno pronte le divoreranno, potete starne certi.
Quando il formaggio sarà pronto, affettatelo (io lo sciacquo velocemente prima) e versatelo in un tegame con l'acqua bollente, una buona presa di sale, la scorza grattugiata del limone. Mescolate per ottenere una pasta filante, aggiungete la semola e continuate a mescolare fino a far assorbire il liquido (sempre sul fuoco). E qui viene il bello. La signora che mi ha insegnato a fare le seadas aveva le mani d'amianto e lavorava il formaggio bollente prendendolo con un cucchiaio e dandogli la forma sul palmo delle mani, che inumidiva con acqua fredda. La prima volta ho fatto anch'io così. Morale della favola: non ho più preparato le seadas, troppo dolore! Ora ho sperimentato un metodo efficacissimo. Necessità fa virtù. Dispongo un coppapasta su un tagliere, prendo la pasta filante con un cucchiaio, verso il formaggio rovente all'interno del coppapasta e lo schiaccio dapprima con il cucchiaio e poi con le dita inumidite. In tal modo ottengo delle forme perfettamente circolari dello spessore di mezzo centimetro, invece che sagomarle sul palmo delle mie povere mani dolenti.
Asciugate le forme da ambo i lati, mettetele su un piano divise da un panno. Si possono utilizzare la mattina per la sera, oppure conservare in frigo.


Per la pasta, lavorate la farina e lo strutto nella planetaria aggiungendo l'acqua tiepida un po' alla volta. Utilizzate prima la frusta piatta e poi il gancio. Lavorate bene, facendo incordare l'impasto. In alternativa fate la classica fontana e impastate a mano. Coprite con la pellicola e fate riposare in frigo. Stendete la pasta sottilmente, ricavatene tanti dischetti di dimensioni più grandi delle forme di formaggio, tagliandoli con la rotella dentellata. Disponete il formaggio su un dischetto, coprire con un altro dischetto di pasta e sigillate bene. Friggete in olio evo caldo. Una volta dorate, scolatele su carta assorbente e guarnitele con il miele.



*Il MedDiet Camp è il primo dei cinque grandi eventi pianificati da MedDiet, progetto strategico finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del Programma ENPI CBC Bacino del Mediterraneo 2007-2013. Con un budget complessivo pari a circa 5 milioni di euro e una durata di 30 mesi, il progetto mira a promuovere e valorizzare la Dieta Mediterranea, riconosciuta Patrimonio immateriale dell’Umanità Unesco nel 2010.  Oltre all’Italia, che partecipa con Unioncamere in qualità di capofila, il Centro Servizi per le imprese della Camera di Commercio di Cagliari, il Forum delle Camere di Commercio dell’Adriatico e dello Ionio e l’Associazione nazionale Città dell’Olio quali partner, il progetto coinvolge altri 5 Paesi del Mediterraneo (Egitto, Grecia, Libano, Spagna e Tunisia).




44 commenti:

  1. Che bello il tuo resoconto, Sabina! E finire con le sebadas è stato davvero un colpo basso..., anche per me sono state le grandi assenti di questo viaggio in terra sarda.
    E' stato un piacere conoscerti... e mo' non mi ti scolli più!

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    1. Piacere mio Giulia. Non abbiamo avuto occasione di parlare, ma è solo un appuntamento rinviato, ne sono certa. E mi dispiace della tua assenza nell foto di gruppo. Non mi ti scolli di dosso nemmeno tu :)) Baci

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  2. uno spettacolo...complimenti mia cara!
    baciotto

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  3. Sabina..che bel resoconto..è stato qualcosa di fantastico il tuo racconto! e le sebadas..bella la tua ricetta sarà da provare..io conosco solo quella con il formaggio messo a crudo!

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    1. Grazie Sonia, grazie di cuore. Anche a te dico che mi è dispiaciuto non avere tempo di stare insieme, ma spero di poter rimediare presto. Intanto ti mando un abbraccio. Baci

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  4. Brava Sabi, parole che condivido al 101% e seadas che vorrei tanto far materializzare qui, adesso :D
    Ti stimo, amica!

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    1. Cara la mia Sara, sul teletrasporto gastronomico non siamo ancora attrezzate, bisognerà rimediare, che ne dici? Ti stimo anch'io e sai quanto. Baci

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  5. Sabi, sei riuscita a cogliere tutto, ma proprio tutto, lo spirito del Med Diet Camp! Brava
    Bacioni
    PS: e ti sei anche tolta lo sfizio della seadas non trovate ;-)

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    1. Grazie Robi, grazie di cuore! Eh sì, le seadas mi erano rimaste proprio qui...dovevo assolutamente rimediare!!!! Ti abbraccio

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  6. Sono senza parole. Nonostante il mio mal di stomaco sono riuscita a "percepire" il gusto delle pietanze che hai descritto. Datti da fare! sto per guarire. La cosa che più mi solletica è la pietanza con le lenticchie rosse che mi aveva promesso Shamila, ma poi come sai è partita anzitempo. Vedi di riparare
    Marcella

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    1. Io vedo di riparare mamma, ma tu vedi di guarire presto! Intanto nel freezer hai le seadas :)
      Ciao

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  7. Comunque io e te non ci becchiamo MAI agli eventi, è ingiusto!

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    1. Concordo, è ingiusto e mi sembra troppo tempo che non ci si becca tu ed io...che devo tornare a Milano? Mi sa proprio di sì, sento la mancanza di Porta Romana :) Ma tu a Roma quando vieni? Ti abbraccio

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  8. Ci regali attimi di una bellissima esperienza e una ricetta per me nuova tutta da provare e da gustare! Meraviglioso!

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    1. Meraviglioso il tuo commento!!! Grazie mille :))))

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  9. Ho letto il tuo post in un fiato e ho ripercorso le emozioni di quei giorni...

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  10. Sono passata ieri senza avere il tempo di commentare e con la testa son tornata subit a quei giorni, a quelle intense ore di energia armonica che ci ha cosi fortemente legate. Piu ci ripenso e piu credo che sia stato un grande privilegio. E nel tempo emergeranno sempre piu emozioni, come si diverte a fare la nostra memoria quando ci sentiamo in stallo. Grazie Sabi, la tua energia esce da ogni parola e foto! Pat

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    1. Patty concordo, è stato un grande privilegio e senza di te non sarebbe stato possibile. Grazie ancora, perché le energie devono trovare il modo di esprimersi e le opportunità che ci offri sono un canale fantastico per incanalarle. Ti abbraccio. A presto

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  11. Noooo, le SEADAS!!! Le adoro e anch'io le avrei mangiate volentieri a Cagliari ma non c'è stato il tempo, mi sa che eravamo tutti troppo impegnati a fare tantissime altre bellissime cose :)
    E lo sai che quel negozietto con i formaggi era chiuso quando siamo partiti la domenica mattina? E ce ne siamo dovuti tornare a mani vuote :(
    Bellissimo il tuo resoconto, fantastica la storia del mofrak (non sapevo che si chiamasse così) e la spiegazione che ha dato lo chef egiziano sul perchè continua ad utilizzarlo è ancora di più una conferma di che cosa sia veramente la cucina, quella vera intendo.
    E bellissime le foto dei quattro chef, ognuno con accanto le proprie creazioni.
    Insomma, mi è piaciuto tutto questo tuo post :)
    Un abbraccio forte!

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  12. Mari grazie!!! Anche noi a mani vuote sai. Il negozio era chiuso anche nel pomeriggio. Con Sara all'aeroporto ci siamo attaccate ad un formaggetto della stessa marca che però non aveva nulla a che vedere con quello mangiato quella sera. Che delusione!
    Grazie ancora per le tue parole. Ti abbraccio, mi ha fatto tanto piacere rivedervi. Salutami Cristian. A presto.
    Sabina

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  13. La ricetta te la rubo all'istante io sono seadas dipendente, le lovvo e lovvo te. Te l'ho mai detto che hai un sorriso luminoso e che vederlo mi mette sempre di buon umore?

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    1. Grazie cara, mi commuovo eh? No, non me l'avevi detto e mi fa molto piacere sentirtelo dire!!! Ti abbraccio forte forte e spero di rivederti presto e di stare un po' di più insieme. Stavolta abbiamo chiacchierato poco.
      Sabina

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  14. Sabina carissima, leggo questo tuo post ora e sono così felice di aver preso un bel 10 minuti cosi da rivivere quei giorni e quelle emozioni. Sei stata cosi brava a riportare anche questa ricetta che non vedo ora di provare.
    bellissime le tue immagini e davvero profonde le tue parole.
    "Il cibo, la cucina, il loro ruolo sociale ci hanno spinte lì, tra sorrisi, scambi, parole, confronti costruttivi. Tante donne, tante storie, una passione che ci lega"
    concordo in pieno, mia cara Sabi.
    Io mi sento davvero arricchita per aver conosciuto voi che, per me, siete davvero dei modelli da seguire.
    E ancora, non riesco a dimenticarmi il primo incontro con te per la stradina del hotel: bellissima, raggiante, solare, con un sorriso travolgente e degli occhi stupendi!!
    che bella che sei. Spero davvero di ri-incontrarti presto. Così come spero di poter parlare con te ancora di molte cose belle .. ^_^
    un abbraccio grande grande e grazie per avermi menzionata per la foto (non dovevi, ma grazie cmq!).

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    1. Vaty grazie, davvero, di cuore. E' bellissimo il modo in cui descrivi il nostro primo incontro, io così non mi vedo, ma mi fa piacere che tu abbia avuto quest'impressione di me. Grazie! Per me è stato bellissimo conoscerti, avevo capito quanto eri in gamba, ma ho potuto toccarlo con mano. Sei intelligente, in gamba, bellissima, hai classe da vendere. Una perla rara. Anch'io spero di rivederti presto e sono certa che avverrà. Grazie anche per la foto, un bel ricordo. Ti abbraccio forte forte. Baci alla tua bimba.
      Sabina

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