Adoro la Spagna, conoscete ormai il mio amore per il flamenco, per la cucina spagnola, per la gente, ma ci sono cose che ad alcuni spagnoli non perdono. Il maltrattamento degli animali di cui la corrida rappresenta soltanto l'acme. In Spagna ci sono decine e decine di feste che prevedono il sacrificio cruento di animali, la loro sofferenza gratuita e questo non posso tollerarlo. E poi la cementificazione selvaggia. Certo, noi non siamo da meno, ma in questo settore loro forse sono un'anticchia avanti a noi. Quello che ho visto in Catalogna, sulle coste spagnole, in certe città della Spagna, grida vendetta. Una delle città più brutte in cui sia mai stata in vita mia è Lerida. Un incubo. Credetemi se vi dico che a volte sogno scenari che la richiamano. E poi c'è la Spagna che amo. Il calore della gente, l'atmosfera che si respira (anche se le cose stanno cambiando anche lì, ahimé), il fermento. Così anche in Catalogna ho trovato i miei luoghi del cuore. Tarragona, Girona, Besalu, Cadaques e Figueres, la città di Dalì, dove siamo arrivati la prima sera da Roma, distrutti da un viaggio che ha previsto un piccolo allungamento a Parma prima di deviare verso la Francia. Eh sì, perché il mio compagno non è dotato di alcun senso dell'orientamento ed in macchina sono anni che faccio il secondo pilota. Mie piccole distrazioni ci sono costate decine e decine di chilometri in più. E' un attimo, ti distrai e lui imbocca l'uscita sbagliata. Una mina vagante. Ora che ha il motorino però, almeno in città, è diventato una scheggia e a volte mi stupisce per come riesce ad orientarsi!
Così in quel Ferragosto, non so come, ci siamo ritrovati a Parma. E la nostra Punto ha iniziato a ribellarsi. Si è fermata prima in un Autogrill francese. Due baldi giovani ci hanno spinto. Io ero lì a braccia conserte che li guardavo mentre si apprestavano a spingere la nostra macchina con le mani appoggiate sul portabagagli. D'un tratto si girano e mi guardano con un'espressione di disappunto che voleva pressappoco dire: "Principessina sul pisello non vieni a spingere anche tu con noi?". Accidenti quanto pesa una macchina, non credevo!!! E poi, arrivati a Figueres, la Punto non ne ha più voluto sapere, si è ammutinata. Ora, sapete quant'è difficile rimettere in moto una macchina, perlomeno io ho sempre fatto cilecca. Non mi viene quella manovra che consiste nel mettere a folle l'auto mentre il malcapitato di turno ti spinge, ingranare ad un certo punto la seconda e mollarla all'improvviso...non mi viene, non c'è nulla da fare! E non mi è venuta neanche a Figueres. Questo ha fatto sì che dopo centinaia e centinaia di chilometri ci ritrovassimo la sera stanchi, sudati, demoralizzati a spingere in due la Punto fin verso l'albergo. Ma la nostra buona stella ci è venuta in soccorso...
Mentre giravamo per Figueres in attesa di trovare un posto dove dormire e prima che la macchina si ammutinasse avevamo intravisto un'autofficina Fiat. Sì, proprio così, non sto scherzando. E la mattina dopo eravamo lì, pronti, prima dell'orario di apertura. La macchina se la sono tenuta 3 giorni e così abbiamo potuto prenotare con calma la visita serale al museo Dalì. Se fossimo ripartiti dopo un giorno come era nei nostri piani non avremmo trovato posto in nessun orario. File chilometriche impediscono al turista mordi e fuggi l'accesso a questo museo stupefacente. La sola visita meriterebbe un post a parte. La mattina del terzo giorno, puntuali, andiamo a ritirare la macchina. Il meccanico ci spiega cos'era il difetto che da anni la faceva spegnere di continuo...el motor de arranca...ossia il motorino di avviamento. Una cosa che mi ha piacevolmente sorpresa della Catalogna oltre alla cucina, molto simile alla nostra (in Catalogna ci sono vestigia dell'Impero romano ovunque), è il dialetto. Si capisce perfettamente e mi sono ritrovata diverse volte a sostenere lunghe e piacevolissime conversazioni con i locali pur non conoscendo lo spagnolo. Così Josè, il meccanico, con fierezza ed orgoglio ci spiega che in Italia non c'avevano capito un tubo e che secondo lui la macchina da quel momento in poi non si sarebbe fermata più. Beh, aveva ragione! Ci disse che appena arrivati in Italia avremmo dovuto scrivergli una cartolina con su scritte queste testuali parole: "Josè la maquina està bien!" e così abbiamo fatto. Santo Josè!!!
La cucina catalana mi piace da impazzire. Una sera, a Tarragona, abbiamo cenato in uno di quei posti dove mangi a prezzo fisso ogni ben di Dio. Ti portano di continuo piatti stupefacenti. Eravamo seduti al piano di sopra, proprio sul bancone dove preparavano le sangrie e ovviamente non ho potuto esimermi dal prendere appunti su un tovagliolo di carta. Ho segnato ogni ingrediente diligentemente, cercando di carpire le dosi esatte. Una sangria semplicissima, preparata all'istante, ma di un buono!!! E poi ho scoperto il riso nero coltivato nel delta dell'Ebro. E vogliamo parlare del mercato de La Boqueria? Però confesso di essermi persa El Bulli.
Mentre giravamo ormai da quindici giorni in quel di Catalogna la telefonata provvidenziale di una coppia di amici in viaggio di nozze di ritorno dal Portogallo ci induce ad anticipare il raggiungimento della nostra meta finale...Barcellona. E qui veniamo alle tapas. Un giorno con questi nostri amici ci siamo fermati a pranzo in una taperia sulla Rambla centrale. La giornata era interamente dedicata a Gaudi e il pomeriggio prevedeva il Park Guell e alcuni quartieri a nord delle ramblas. Ordiniamo una serie di tapas e io mi butto convinta sulle lumache. A casa mia le lumache le abbiamo sempre mangiate. Chi è debole di stomaco salti questa parte del racconto e arrivi subito alla ricetta. Mia nonna se le curava come figlie prima della loro triste sepoltura in pentola, insaporite a colpi di pomodoro e mentuccia. Le nutriva prima con il pane, poi con l'insalatina più tenera e poi l'ultimo giorno le affamava per farle spurgare. Finito il digiuno le lavava con acqua e aceto, anche per svegliare quelle in letargo e le metteva a sgocciolare sul lavandino aspettando che uscissero fuori dal guscio. Eh sì, qualcuna poteva essere morta e avremmo potuto rischiare una brutta intossicazione. A mano a mano che uscivano dal guscio le metteva in pentola, in acqua fredda e le lessava. In questo modo, sentendo l'acqua fredda, le lumanche uscivano fiduciose dal guscio e non si accorgevano del calore crescente della fiamma...questo metodo di un sadismo assurdo era teso ad aiutare il commensale rendendogli più comoda l'infilzatura della lumaca. In tal modo non doveva andarsela a stanare nel più profondo antro del guscio dove la poverina si sarebbe immediatamente rintanata al contatto immediato con l'acqua bollente. Certo che quanto a crudeltà...e poi parlo della Spagna. All'epoca ero ignara di tutto. Oggi non potrei cucinarle. Ma le nostre nonne erano sensibili, e con ragione, a ben altre istanze...la guerra, la fame, famiglie numerose da sostenere.
Quando le lumache erano pronte mia nonna ci dava una serie di aghi che teneva appuntati sul grembiule e iniziava l'abbuffata. Deliziose. E quel ricordo avevo in mente quando mi sono buttata sulle tapas spagnole. Non l'avessi mai fatto. Non le avevano fatte spurgare bene ma a me piacciono talmente tanto che tralasciando questo piccolo particolare le ho finite tutte. I miei amici non volevano saperne di aiutarmi a parte la mia amica Francesca che non le aveva mai mangiate e su mia entusiastica sollecitazione decise di provare la prima lumaca della sua vita. Mettersela in bocca e risputarla con un grido di orrore fu un tutt'uno!!! Il pomeriggio proseguiamo la nostra piacevolissima visita ed inizio a non sentirmi bene. Il malessere aumenta sempre più finché in serata sono colta da tremore, nausea e inizio a sudare freddo. Per poco non svengo, sono stata malissimo. Tornata a Roma ho avuto conferma che la causa del mio malessere erano state le lumache quando mio padre inizia a raccontarmi della festa della lumaca che il 24 giugno si teneva a Roma in zona San Giovanni. Tutti in strada, fuori dalle trattorie, a mangiare lumache. Il giorno dopo mezza popolazione romana puntualmente si sentiva male e qualcuno finiva pure in ospedale...chi avrebbe avuto il tempo di far spurgare migliaia e migliaia di lumache come faceva la mia cara nonnina?
Mentre giravamo ormai da quindici giorni in quel di Catalogna la telefonata provvidenziale di una coppia di amici in viaggio di nozze di ritorno dal Portogallo ci induce ad anticipare il raggiungimento della nostra meta finale...Barcellona. E qui veniamo alle tapas. Un giorno con questi nostri amici ci siamo fermati a pranzo in una taperia sulla Rambla centrale. La giornata era interamente dedicata a Gaudi e il pomeriggio prevedeva il Park Guell e alcuni quartieri a nord delle ramblas. Ordiniamo una serie di tapas e io mi butto convinta sulle lumache. A casa mia le lumache le abbiamo sempre mangiate. Chi è debole di stomaco salti questa parte del racconto e arrivi subito alla ricetta. Mia nonna se le curava come figlie prima della loro triste sepoltura in pentola, insaporite a colpi di pomodoro e mentuccia. Le nutriva prima con il pane, poi con l'insalatina più tenera e poi l'ultimo giorno le affamava per farle spurgare. Finito il digiuno le lavava con acqua e aceto, anche per svegliare quelle in letargo e le metteva a sgocciolare sul lavandino aspettando che uscissero fuori dal guscio. Eh sì, qualcuna poteva essere morta e avremmo potuto rischiare una brutta intossicazione. A mano a mano che uscivano dal guscio le metteva in pentola, in acqua fredda e le lessava. In questo modo, sentendo l'acqua fredda, le lumanche uscivano fiduciose dal guscio e non si accorgevano del calore crescente della fiamma...questo metodo di un sadismo assurdo era teso ad aiutare il commensale rendendogli più comoda l'infilzatura della lumaca. In tal modo non doveva andarsela a stanare nel più profondo antro del guscio dove la poverina si sarebbe immediatamente rintanata al contatto immediato con l'acqua bollente. Certo che quanto a crudeltà...e poi parlo della Spagna. All'epoca ero ignara di tutto. Oggi non potrei cucinarle. Ma le nostre nonne erano sensibili, e con ragione, a ben altre istanze...la guerra, la fame, famiglie numerose da sostenere.
Quando le lumache erano pronte mia nonna ci dava una serie di aghi che teneva appuntati sul grembiule e iniziava l'abbuffata. Deliziose. E quel ricordo avevo in mente quando mi sono buttata sulle tapas spagnole. Non l'avessi mai fatto. Non le avevano fatte spurgare bene ma a me piacciono talmente tanto che tralasciando questo piccolo particolare le ho finite tutte. I miei amici non volevano saperne di aiutarmi a parte la mia amica Francesca che non le aveva mai mangiate e su mia entusiastica sollecitazione decise di provare la prima lumaca della sua vita. Mettersela in bocca e risputarla con un grido di orrore fu un tutt'uno!!! Il pomeriggio proseguiamo la nostra piacevolissima visita ed inizio a non sentirmi bene. Il malessere aumenta sempre più finché in serata sono colta da tremore, nausea e inizio a sudare freddo. Per poco non svengo, sono stata malissimo. Tornata a Roma ho avuto conferma che la causa del mio malessere erano state le lumache quando mio padre inizia a raccontarmi della festa della lumaca che il 24 giugno si teneva a Roma in zona San Giovanni. Tutti in strada, fuori dalle trattorie, a mangiare lumache. Il giorno dopo mezza popolazione romana puntualmente si sentiva male e qualcuno finiva pure in ospedale...chi avrebbe avuto il tempo di far spurgare migliaia e migliaia di lumache come faceva la mia cara nonnina?
Ed ecco finalmente la ricetta del mio finger food-tapa di oggi.
POLPETTINE CON OLIVE TAGGIASCHE, CACIOCAVALLO, SCORZA DI LIMONE SU SALSA DI POMODORO FRESCO
Per le polpette
400 g di macinato misto (in genere scelgo i pezzi che preferisco e me li faccio macinare)
1 etto di olive taggiasche
caciocavallo grattugiato (seguite il vostro gusto personale per la quantità)
1 cipollotto fresco (se non lo digerite utilizzate erba cipollina al suo posto)
2 fette di pane ammorbidito nel latte e strizzato bene
1 uovo
1 scorza di limone grattugiata
basilico q.b (io con il basilico abbondo sempre)
sale q.b.
olio evo
Tritate le olive taggiasche, ammorbidite il pane nel latte e strizzatelo bene. Grattugiate il caciocavallo, la scorza di un limone non trattato e tagliate il basilico a julienne. Tagliate il cipollotto a velo. Mescolate insieme agli altri ingredienti, aggiustate di sale e con le mani inumidite ricavate delle piccole polpettine che passerete nella farina. Cuocete in una padella antiaderente con un po' d'olio evo.
Per la salsa di pomodoro fresco
Pomodori rossi tondi, tagliati a croce e sbollentati appena in acqua bollente, buttati poi in acqua fredda, spellati, tagliati in quattro e privati di polpa e semi.
Frullate gli spicchi di pomodoro così ottenuti con basilico e origano freschi, olio e sale.
Nota: quella che vedete nella foto è salsa di pomodori secchi. Per queste polpette ne ho provate 3 diverse e quella che mi ha convinta di più è la salsa di pomodoro fresco perché crea un bel contrasto con la ricchezza della farcia. Il pomodoro secco appesantiva il tutto...va bene finger food di sostanza ma senza esagerare!!!
Mi corre l'obbligo di fare una precisazione. Mentre scrivevo questo post non ero al corrente di una notizia che ho appena letto. Ieri, domenica 25 settembre 2011, si è svolta a Barcellona l'ultima corrida della storia della Catalogna. Dal 2012 la corrida sarà vietata in questa regione della Spagna.
guarda...stavo per chiederti se sapevi mica cosa ci potevo fare con la carne trita che non ho utilizzato per chiarificare il brodo...ovviamente sostituiro' le taggiasche e il caciocavallo...poi ti dico...Un bacio grande, e grazie di essere passata "da me", ho commentato il tuo commento:)
RispondiEliminaP.S.: ...so che non ci sarebbe bisogno di dirlo, ma...IO ADORO LE LUMACHE, soprattutto quelle piccole, col guscio bianco rigato, come le fa la mia mamma: in umido alla toscana.
RispondiEliminaP.P.S.:...e ovviamente non impazzisco per i finger-food da fighetti... si puo' dire fighetti?..oops! l'ho ridetto....riciao!
RispondiEliminaquesta è una ricettina perfetta per mio fratello che è un super appassionato di polpette!
RispondiEliminaHo vissuto un po' a Madrid e capisco l'amore per le tapas :))
@Roberta: ma certo cara che si può dire 'fighetti'...oooops l'ho ridetto anch'io :)
RispondiEliminaBuon fine settimana! Ti abbraccio
Sabina
@Monica: sono contenta...se tuo fratello dovesse provarle fammi sapere se gli sono piaciute!!! Complimenti sempre per i tuoi spendidi dolci, ti seguo sai ;)
RispondiEliminaMadrid...ne vogliamo parlare? Un long week end con un'amica per seguire alcune lezioni di flamenco all'Amor de Dios e non volevo più tornare a casa!!!! Tu come hai fatto a tornare???
Baci
Sabina
Ciao Sabi, sono passata a farti un saluto veloce, perche' stasera partiamo per Thiviers e non abbiamo la connessione la'. Buona domenica e buona settimana. Ci risentiamo quando torno, un abbraccio
RispondiElimina@Roberta: bon voyage mon amie!!!
RispondiEliminaGrazie!!
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